Un interessante articolo di Adrian Krebs, pubblicato sullo SchweizerBauer del 24 gennaio, riporta la lettera aperta che Gabi Schürch, un contadina di Kirchberg (BE), ha indirizzato a Franziska Herren, la principale promotrice dell’Iniziativa acqua potabile pulita e cibo sano.
La prima cosa che fa la signora Schürch è chiarire che, assieme al marito, nel novembre dello scorso anno, ha assistito a un dibattito all’Inforama di Emmental in cui si confrontavano sull’iniziativa Martin Rufer, prossimo direttore dell’USC, e la stessa Franziska Herren. Lo scopo della riunione era di capire quali potessero essere le proposte (NON parliamo di vantaggi) per il settore agricolo e anche per tranquillizzarsi un po’. Gabi infatti, come molti altri contadini svizzeri, si era sentita costantemente sotto attacco per le accuse che subiva ogni giorno dagli organi di stampa che riportavano in maniera molto parziale il messaggio dell’iniziativa. Ma da quella conferenza non se n’è andata via tranquilla, anzi. Gabi e suo marito Beat allevano vacche da latte e dal 1° gennaio di quest’anno, dopo i due anni di conversione, sono un’azienda con la gemma Bio Suisse. Seguono tutte le direttive del Bio (nessun prodotto fitosanitario di sintesi, concimi chimici, prezzi di produzione più alti per le sementi e per il foraggio) e nutrono il loro bestiame quasi esclusivamente con foraggio di loro produzione. L’azienda Schürch quindi non dovrebbe cambiare molto per rispettare quanto proposto dall’iniziativa. Ma già a fine 2019 è stato loro comunicato che il mercato del latte Bio in Svizzera, anche per il 2020, sarebbe stato saturo. Si sono così visti costretti a vendere il loro prodotto come convenzionale. Alla profonda frustrazione si è aggiunta anche una perdita economica di CHF 20’000.- che ha portato giocoforza alle domande cruciali di Gabi Schürch. Se l’iniziativa venisse accettata dalla popolazione, i prodotti bio sarebbero ancora più cari, e chi potrebbe garantirci che i consumatori vorranno o potranno acquistarli? Che cosa succederebbe se i consumatori, in seguito all’aumento dei prezzi dei prodotti svizzeri, si orientassero ancora di più verso le produzioni intensive e a basso prezzo, trasferendo altresì le problematiche ambientali all’estero? I consumatori saranno pronti a sostenerci anche con i fatti, acquistando i nostri prodotti, e non solo a parole? La risposta di Franziska Herren si è fatta attendere circa un mese e, dopo aver ringraziato per la lettera che le era stata indirizzata, ha sottolineato quanto sia apprezzabile che già ora migliaia di contadine e di contadini svizzeri si impegnino per produrre seguendo le direttive Bio. Ha fatto riferimento alla votazione del 2017 sulla sicurezza alimentare e ha ribadito come, secondo lei, la produzione intensiva, l’uso di pesticidi, l’im- portazione di foraggio e l’utilizzo di antibiotici nella produzione di generi alimentari non abbiano più alcun futuro. La qualità dell’acqua, dell’aria, così come la biodiversità sono troppo importanti e lo scopo dell’iniziativa sull’acqua potabile è proprio quello, garantire una produzione biologica, sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Ha tirato fuori anche l’espressione win-win-situation. Migliorerà tutto per tutti. Per gli agricoltori, per i consumatori. Leggere queste giustificazioni mi ha fatto accapponare la pelle. Ma alla domanda chiave e precisa: che cosa succederà poi se quei prodotti non saranno acquistati, come già succede con il latte Bio? Nessuna risposta.

Sem Genini, Segretario agricolo UCT

da Agricoltore Ticinese di venerdì 31 gennaio 2020.