Mentre esistono ancora persone che si domandano dove siano finiti i mercati e le botteghe alimentari di paese, ce ne sono molte altre che si accontentano di fare la spesa nei quattro supermercati principali, ignari di ciò che comporta un’economia senza frontiere nella produzione alimentare.
Avenir Suisse, un’organizzazione di economisti che riflette la filosofia liberale, da alcuni anni sviluppa statistiche e redige comunicati che criticano e attaccano ogni volta apertamente e direttamente l’agricoltura svizzera, senza alcun rispetto per le nostre famiglie contadine. L’ultima “perla di saggezza” è la messa a giorno del “Registro dei privilegi dell’agricoltura svizzera”, un elenco dei costi legati all’agricoltura avviato nel 2018. Da “bravi” economisti, basandosi unicamente su numeri spesso nemmeno lontanamente corrispondenti alla realtà, hanno denaturalizzato il settore agricolo suddividendolo solo fra i suoi costi. Giungendo alla conclusione che l’agricoltura svizzera, come settore economico, crea più costi che ricavi, altresì “crogiolandosi nei privilegi”. Purtroppo o per fortuna nessuno riesce ancora a seminare e coltivare la terra per poi raccogliere direttamente banconote di carta e monete di metallo, invece che cibo da mangiare, che però non dimentichiamolo ci permette di vivere! E quali sono i suddetti privilegi? A parte quelli di stare all’aperto e fare un lavoro che si ama? Un reddito bassissimo, una burocrazia immane e delle leggi severessime che impongono ogni singola azione? Produrre alimenti costa: molto di più del prezzo che troviamo nei supermercati. Non a caso esistono i pagamenti diretti, altrimenti i prezzi per la nostra alimentazione sarebbero ancora più alti. L’illusione di avere il diritto di acquistare prodotti alimentari a basso costo deve finire! Il lavoro nei campi è molto e faticoso, e il raccolto non è infinito. E il fatto che molti negozi facciano a gara per proporre i prodotti al prezzo più basso possibile crea dei disequilibri nel mondo,che poco distano dalle “vecchie” forme di dipendenza e colonizzazione. Ma torniamo al Registro dei privilegi di Avenir Suisse, nel quale le 3 voci dei costi più alti a carico della Svizzera sono: perdita di biodiversità (5,2 miliardi), occasioni di esportazioni mancate (4,5 miliardi) e protezione doganale (3,1 miliardi). Il primo lo hanno stimato sulla base di uno studio dell’UE, dove si diceva che i costi annuali per i servizi eco-sistemici ammontano al 4% del PIL. Avenir Suisse ha ipotizzato che 1⁄4 della perdita di biodiversità è riconducibile all’agricoltura, omettendo completamente il nesso e la responsabilità condivisa che esiste fra produttore e consumatore, nata al momento della rinuncia di quest’ultimo di occuparsi della produzione del proprio cibo. Le altre due voci di costi riguardano le frontiere. Avenir Suisse lamenta che con la protezione doganale i consumatori svizzeri spendono per le derrate alimentari fra il 50-70% in più rispetto ad altri paesi dell’UE e del mondo?
Non hanno magari pensato che quello svizzero potesse essere il prezzo “giusto”, mentre quello straniero invece quello troppo basso? È ora di smetterla di dare un valore al ribasso ai prodotti alimentari, racchiudono un’infinità di valori e vantaggi non solo legati alla mera produzione di cibo. Nemmeno l’ultima affermazione di Avenir Suisse che le piccole famiglie contadine sono quelle che meno benefi-
ciano della politica agricola svizzera è avvallata dalle statistiche. Il fatto che si usino delle cifre, a vanvera, per trasformarle in parole, cercando di far breccia nel borsellino degli
svizzeri, proprio non mi piace!
Sem Genini, Segretario agricolo cantonale UCT
da Agricoltore Ticinese del 17 gennaio 2020