È davvero difficile in un mondo in cui la tecnologia evolve così rapidamente sapere quale posizione prendere riguardo ad alcuni temi. Non so quante siano le persone davvero competenti e che non difendano gli interessi di qualcuno, per avere una risposta valida e oggettiva riguardo a una determinata tecnologia, ad esempio quella delle onde elettromagnetiche per telecomunicazioni 5G. Una tematica che in questi mesi si è infiammata in modo poco razionale, poiché manca un’informazione di base chiara e il discorso si concentra su qualcosa di non visibile e non percepibile.
Eli da Spruga, nel suo racconto visionario e fantasioso a pagina 12 di questa edizione, se la prende un po’ con il 5G, forse più per il fatto che è qualcosa di nuovo, di cui pochi sentivano la necessità e che così, all’improvviso, sembrerebbe essere diventato imprescindibile. È vero che non ho mai sentito nessuno lamentarsi dei limiti del sistema odierno, il 4G, e pretendere qualcosa di più performante. È però opportuno sapere che si giunge al 5G semplicemente continuando un processo di “miniaturizzazione della microelettronica”, che è già in atto da diversi anni, come ha spiegato Bruno Storni in una recente intervista a un giornale online. Quasi tutti noi abbiamo ora in tasca un “supercomputer” di 20 anni fa e quindi l’opportunità di usare nuovi e complessi algoritmi per elaborare dei segnali di trasmissione e ricezione, che utilizzano più efficientemente l’onda elettromagnetica per trasferire i dati. Da qui nasce il 5G!
Da un po’ di tempo a questa parte, anche il profano ha iniziato a sentir parlare di “radiazioni non ionizzanti”, che comprendono i servizi già esistenti, quali le reti di sensori, contatori, termostati, smartwatch, ecc., oltre ai campi elettromagnetici delle linee di corrente, come quelle dell’alta tensione, i trasformatori, l’induzione e anche l’irradiazione ad alta frequenza della telefonia mobile e della radiocomunicazione. Fanno parte di questo tipo di radiazioni anche le onde emesse dalle nuove antenne 5G, ossia di quinta generazione, che però essendo più corte vengono bloccate da muri, pareti, pioggia e alberi. Pertanto Swisscom ha messo in conto di installare ben 15’000 nuove antenne. A quelli che si lamentano, perché magari queste antenne sono troppo vicine alle loro abitazioni, spesso viene detto che comunque le radiazioni emesse dal natel che abbiamo sempre in tasca sono ben più forti e vicine. Discorso che forse vale per noi esseri umani, ma per gli animali? L’Unione Svizzera dei Contadini (USC), nel suo invito alla prudenza nello sviluppo delle reti 5G, chiede di tenere in considerazione anche la loro salute. Non vi è infatti nessuna disposizione dell’ordinanza in vigore sulla protezione delle radiazioni non ionizzanti (ORNI) che citi gli animali. Nonostante tempo fa, proprio l’USC, avesse chiesto che venissero anche loro inclusi prima di rivedere le leggi che regolano i valori limite delle radiazioni.
L’USC, in attesa dei risultati del gruppo di lavoro istituito dall’UFAM a settembre 2018 per esaminare le esigenze e i rischi a medio e lungo termine delle radiazioni della telefonia mobile, si oppone ad ogni tipo di allentamento dei valori limite di emissione elettromagnetica fissati dall’ORNI, che in Svizzera sono un decimo di quelli in vigore nel resto del mondo.
Sem Genini, segretario agricolo UCT
da Agricoltore Ticinese del 21 giugno 2019