Il 1. settembre è stata pubblicata su il Mattino della domenica questa intervista che mi è stata fatta:

Sem Genini, Segretario Agricolo Cantonale, si schiera contro l’accordo AELS-MERCOSUR

“Basta picconate al già tartassato settore agricolo”

L’Associazione europea di libero scambio (Aels), di cui fa parte anche la Svizzera, ha concluso la settimana passata con il Mercosur, il Mercato comune dell’America meridionale, un accordo di libero scambio. I contadini svizzeri sono subito insorti, giudicandolo discriminatorio nei loro confronti. Ne abbiamo parlato con Sem Genini, che è Segretario Agricolo Cantonale.

Sem Genini, per quali motivi l’accordo tra AELS e Mercosur vi preoccupa?

Le ragioni sono per lo più legate alle problematiche sulla carne bovina, ma non solo. Gli accordi che sono stati stretti con il mercato sudamericano e in particolare i contingenti d’importazione accordati, sono addirittura superiori a quelli concessi dall’Unione europea agli stati del Mercosur. Questo non va assolutamente bene per il nostro Paese, la nostra agricoltura e la nostra immagine.

Già. È risaputo che le carni argentine e brasiliane costano molto meno delle nostre.

Infatti, ma non è il solo motivo. Ci sono anche dei problemi legati a come i prodotti arrivano nei nostri negozi. In effetti, l’impatto ambientale estremamente negativo dei trasporti, al contrario del km 0, è un fattore da considerare. Inoltre, in quel continente ci sono molte meno restrizioni legate all’alimentazione e alla crescita degli animali rispetto alla Svizzera, dove, lo sappiamo bene, c’è la massima attenzione in questo settore.

Può approfondire un po’ questo interessante aspetto?

Certamente. Per far crescere gli animali in Sudamerica, non si lesina sull’uso, ad esempio, di ormoni della crescita che praticamente non sono regolamentati. Senza contare i prodotti fitosanitari, un altro tema caldo, poiché ben 200 sono proibiti in Svizzera e utilizzati senza problemi in Brasile. Certo, comportandosi così gli allevatori di laggiù possono produrre a un costo molto inferiore rispetto al nostro, che dobbiamo seguire scrupolosamente le direttive, per altro sacrosante, che ci vengono imposte dalla Confederazione e indirettamente da tutti noi in qualità di cittadini. E poi c’è anche un cattivo tempismo da mettere in conto.

In che senso?

Basta vedere quel che sta succedendo nella Foresta amazzonica, dove sta bruciando una parte ingente di quell’importantissimo polmone della Terra. Questo succede perché per creare degli spazi per l’agricoltura viene usato il fuoco. Un sistema che la dice lunga su come vengono gestite le cose.

La situazione che ci dipinge non è per nulla rosea. Come intendete agire?

Prima di tutto si tratterà di capire esattamente quanto dice l’accordo. Per ora quello che trapela, come già detto, non è per nulla incoraggiante. Vedremo quali sono le vie che potremmo percorrere, in particolare sotto il punto di vista politico. I parlamentari vicini al settore a Berna fanno di tutto per evitare simili situazioni, non sempre però riescono a mettere una pezza alle decisioni del Governo, ma per fortuna molto spesso. Magari si potrebbe pensare anche ad un referendum. Ma ripeto dovremo analizzare il tutto nei dettagli prima di agire. Quel che è certo è che si va a colpire ancora una volta i contadini, che già sono sufficientemente tartassati.

Vi lamentate anche di una certa incoerenza da parte del Consiglio federale.

Le dico subito il perché. La settimana scorsa è passata quasi sotto silenzio una notizia che ha la sua importanza per il nostro settore, che diceva che la Svizzera ha concluso un accordo di equivalenza sui prodotti Bio con il Cile, escludendo però la carne. E ora, a stretto giro di posta, ecco che giunge in porto l’accordo con il Mercosur, che scompagina il tutto. E ciò a meno di 2 anni dall’inclusione nella nostra costituzione, voluta dal popolo a stragrande maggioranza, dell’articolo di legge 104a per la sicurezza alimentare.

Che mezzi utilizzare per far sentire le vostre ragioni?

Intanto cominciamo con l’essere presenti sul territorio, poi agiremo a Palazzo federale, sensibilizzando appunto i parlamentari che sostengono il nostro settore. Ripeto, non conosciamo ancora esattamente tutti gli estremi di quanto discusso e firmato, quindi non posso essere più preciso.

L’accordo quindi è da buttare?

No, non tutto. Non siamo contro l’accordo in sé, ci mancherebbe, visto che è frutto di lunghe trattative. Non possiamo però accettare che l’agricoltura funga per l’ennesima volta da vittima sacrificale per gli altri settori. Perciò proveremo a spiegare con chiarezza il nostro punto di vista, per far interessare più persone possibili alla nostra causa, oltre a cercare di far modificare quanto non riteniamo corretto.

Avete delle basi anche nella Costituzione…

Nell’articolo 104a, capoverso d, quello sulla sicurezza alimentare inserito nel 2017, si parla di relazioni commerciali transfrontaliere che però concorrano a uno sviluppo ecologicamente sostenibile dell’agricoltura e della filiera alimentare. Da quel che trapela, quanto concluso tra l’Aels e il Mercosur è un accordo che è tutto fuorché sostenibile.

Ma alla fine chi sbaglia? La Svizzera che mette troppe limitazioni o il Mercosur che invece è permissivo oltremisura?

Non so. Quello che è sicuro è che la carne “Made in Switzerland” è sicuramente di primissima qualità e si può mettere la mano sul fuoco sul fatto che sia il frutto di una catena produttiva controllata. Quanto arriva dal lontano Sudamerica è sicuramente meno ecosostenibile, meno sano, o perlomeno è il risultato di animali cresciuti con mezzi che sono vietati dalla nostra legge. Insomma, in Argentina e in Brasile fanno un po’ quel che vogliono, qui da noi invece non è così e il benessere degli animali è prioritario.

Cosa potete fare per far conoscere ancora di più la bontà dei vostri prodotti?

Bisogna aumentare ancora di più gli sforzi che abbiamo finora intrapreso per far capire il valore dei nostri prodotti e l’impegno dei nostri agricoltori. Facendo degli incontri con la popolazione, delle fiere e manifestazionicome le porte aperte nelle nostre fattorie, continuando ad organizzare delle giornate in fattoria, dei brunch ad esempio. Ma tutto questo può anche risultare vano se poi dobbiamo affrontare i giganti della produzione come l’Argentina o il Brasile.

È deluso?

Sì un pochettino. Perché ormai ci sentiamo demonizzati e il settore agricolo si sente spesso preso di mira. Ogni picconata che ci arriva è un duro colpo alla nostra struttura e questa dell’accordo Aels-Mercosur è un’ulteriore mazzata.

Se aggiungiamo a tutto ciò la campagna contro la carne, accusata di ogni male, il quadro è completo.

Di sicuro, anche se non vedo un collegamento diretto tra quest’ultimo aspetto e l’accordo di cui stiamo parlando. Di certo però non è incoraggiante quanto sta succedendo, anche a livello mediatico, contro la produzione animale. E mi sento di mettere la mano sul fuoco sul fatto che di sicuro la carne sudamericana non è valida come la nostra. I nostri animali sono un bene fondamentale per tutta la popolazione, basti pensare all’impatto che hanno quando sono al pascolo anche sul turismo e la cura e il mantenimento del paesaggio in zone impervie.

E poi c’è il discorso degli OGM:

Ecco un altro aspetto che va messo in chiaro. Gli svizzeri non vogliono organismi geneticamente modificati nei loro piatti, cosa che invece è permessa in Sudamerica. Sia che finiscano negli stomaci dei bovini e poi indirettamente nelle loro carni, o che giungano direttamente sugli scaffali dei negozi, noi non siamo d’accordo. E come me la pensano moltissimi svizzeri e per questo motivo da noi la coltivazione di OGM è vietata grazie ad una moratoria.

pagina a cura di O.R.